lunedì 5 dicembre 2016

Iran 2016: Kashan - Abyaneh - Isfahan (secondo giorno)

Casa Tabātabāei a Kashan
Lunedì 25 aprile 

Quella mattina faceva molto caldo, lo stesso caldo che opprime in piena estate nelle lunghe giornate afose, e per quanto le visite si svolgessero per vicoli e luoghi chiusi, il caldo non dava molta tregua. Kashan si presentava come una cittadina tranquilla, molto più provinciale delle altre appena visitate, dove i ritmi sono visibilmente rallentati. Da qui la capitale appariva distante e lontana, forse anche perché la struttura delle case manteneva l'antica disposizione di una volta, quando la vita si svolgeva tra strette viuzze; il centro infatti è famoso per le abitazioni tradizionali. 

Casa Abbāsi
Noi ne abbiamo visitate due, ed in entrambe era possibile ritrovare il vero senso della bellezza delle case di una volta. Non erano solo le decorazioni o lo stile chiaramente “arabo” degli interni, ma era soprattutto la cura dei dettagli. Le case nei paesi musulmani sono fatte curando soprattutto gli spazi interni piuttosto che gli esterni. Dalle nostre parti, gli edifici nobiliari hanno delle facciate con finestre e balconi, mentre in Iran non si riconosce un edificio da un altro. E’ infatti il concetto stesso di abitazione a mutare, perché esso rappresenta il luogo che protegge le donne e i membri della famiglia da qualsiasi sguardo indiscreto. Per questa ragione la disposizione degli interni e dei giardini consente di separare nettamente le aree private da quelle in cui entrano gli ospiti. Inoltre la vita si svolte molto di più all’esterno, davanti ad una fontana, oppure, nelle ore più calde del giorno ci si rifugia in ambienti di semioscurità in cui la temperatura scende a causa dell’ombra e del livello, posto in genere al di sotto di quello del terreno. In una delle case c’era anche una torre del vento, una costruzione che nella sua elevazione permette di catturare il vento (e le variazioni di pressione) favorendo la circolazione delle masse d’aria nell’edificio, climatizzandolo. Su questi sistemi di raffrescamento naturale i musulmani sono dei veri maestri. A queste latitudini, in cui si raggiungono anche i 50°C, il miglior sistema è quello della circolazione dell’aria attraverso le torri, mentre a Palermo presso la Zisa sono le intercapedini a favorire gli scambi di aria. Ma c'è anche l'azione dell'acqua a condizionare gli ambienti, favorendo il trasporto del calore.
Un breve dialogo con un gruppo di ragazze
Gli iraniani e gli stranieri
Il primo reale contatto con gli iraniani l’abbiamo avuto uscendo dalla Casa Tabadaei. Un gruppo di ragazze, probabilmente una scolaresca, si è fermata a parlare con una del nostro gruppo. Una conversazione semplice, che tuttavia mostrava l’incredibile apertura e la grande voglia di conoscere gli altri. Ciò che faceva impressione era l’idea preconcetta che tra le regole religioso-giuridiche del paese vi fosse anche obbligo di non avere contatti con i “nemici” occidentali, questa convinzione è un completo errore e proviene dalla confusione che facciamo tra le varie interpretazioni dell’islam. Nell’islam Wahabita (una delle correnti radicali sunnite) professato soprattutto in Arabia Saudita, vi è un’interpretazione molto stretta del Corano tanto da impedire qualsiasi libertà, non solo alle donne, ma persino agli uomini. In un documentario su internet si racconta dell’Arabia Saudita come di un paese in cui non è possibile fare un viaggio turistico perché non concedono visti e gli unici stranieri ammessi sono i lavoratori delle varie compagnie. Inoltre non è possibile scattare fotografie perché tassativamente vietato, non è possibile dichiararsi atei e qualsiasi forma di proselitismo verso altre religioni è severamente vietato. Le donne portano un velo integrale nero che mostra solo gli occhi, a differenza del burqa afgano che non consente neanche quello. Così se si paragona l’Arabia all’Iran, una cosa tra l’altro complessa perché i primi sono arabi (etnicamente parlando) e i secondi Iranici; i primi sono sunniti e i secondi sciiti, e ciò rende i due popoli molto diversi in quasi tutta l’interpretazione dell’esistenza. Così se è pur vero che l’Iran esprime una forte rigidità religiosa, è anche vero che rispetto altri paesi sunniti concede molti più diritti civili. Ad esempio le donne possono tranquillamente guidare, possono essere elette in parlamento, lavorano e divorziano. Pertanto non c’è un impedimento nel parlare con gli stranieri o persino nello scambiarsi i contatti o farsi una foto insieme, tutt’altro.
Il bassorilievo
L’interrogativo di un bassorilievo
Un grande interrogativo me l’ha posto un bassorilievo in bella vista in una abitazione di Kashan che abbiamo incrociato nel mentre ci si incamminava. Esso rappresentava un cavaliere in armatura che con una lancia trafigge una bestia. La stessa immagine poi l’ho ritrovata all’interno di una delle case tradizionali da noi visitate. L’interrogativo sorgeva dal fatto che la rappresentazione si avvicina a quella archetipica di San Giorgio e il drago. La bestia non è chiaramente un drago ma l’immagine nel suo complesso tende a richiamare ciò. Ad oggi non ho sciolto il dubbio se vi sia un qualche legame con l’archetipo cristiano. Tuttavia esso non è da escludere totalmente in quanto in Iran vi è una storica penetrazione del cristianesimo e dei cristiani che potrebbero aver lasciato una qualche traccia anche nello sviluppo dello sciismo.
Bagno del Sultano Amir Ahmad
Internet in Iran
La modalità con cui ho interpretato questo viaggio è stata quella di poter osservare il paese secondo un punto di vista antropologico-culturale. Questo mio dubbio sull’immagine archetipica infatti l’ho girato ai miei amici in Italia con cui comunicavo tramite Whatsapp, e quando vi era la possibilità di una connessione internet ne ottenevo risposta. 
Tuttavia come sappiamo il paese blocca alcuni siti come Facebook, Twitter e i siti internazionali ma molti iraniani sono presenti sui gruppi Facebook, e da loro ho avuto il consiglio di aggirare il problema tramite una navigazione anonima in VPN. Il sistema funzionava ed era molto utile. Tuttavia è assai curioso che in un paese che ufficialmente bandisce qualcosa, in realtà mostri come gli stessi cittadini raggirino in massa le regole perché considerate assurde. Tornerò più avanti sull’argomento censura e sulle restrizioni vigenti perché dietro questa facciata si nascondono una serie di verità interessanti.
Una donna di Abyaneh con l'abito tradizionale
Abyaneh
Una delle tappe previste del viaggio è quella del villaggio rurale di Abyaneh che si trova nella regione di Esfahan. Questo luogo, di per sé una meta turistica di nicchia, ha mantenuto la sua specificità nel tempo grazie alla sua collocazione geografica. Inserito tra le montagne, il villaggio vive di turismo, vendita di artigianato e altro. Le viuzze strette e percorribili solo a piedi rendono l’atmosfera fantasticamente rilassata e pacifica. Gli abitanti sono in prevalenza donne anziane che indossano degli abiti tradizionali molto belli da fotografare: il copricapo è un hijab bianco a fiori che ricorda quello indossato dalle donne siciliane nei secoli passati. Inoltre gli abitanti parlano una lingua antica che si è mantenuta tale dalla dominazione dei Medi, ossia uno degli imperi persiani attorno all’800 a.C.
Una stradina di Abyaneh
Le abitazioni in mattoni rossi avevano tutta la semplicità delle case contadine con splendidi balconi in legno intrecciato e dei portoni finemente decorati. Le facciate erano coperte da uno strato di intonaco isolante (considerato un materiale ecologico perché ottenuto con materiali poveri), esso era un impasto di terra e paglia, facilmente reperibili. I tetti delle case invece, per mantenere un isolamento dall’acqua e dall’umidità erano ricoperti da una patina argentea che mal si accoppiava al luogo. Purtroppo ci sarebbe voluto l’intervento di un’istituzione come le nostre Sovrintendenze a bloccare tale scempio…
Una stanza della moschea dedicata ai martiri dell'Iran
I martiri dell’Iran
Nel nostro vagare quasi a zonzo siamo giunti presso la piccola moschea del venerdì. A dire il vero nulla di particolare, come potrebbe essere una qualsiasi chiesetta di paese; ma all’interno del cortile vi era, oltre alla vasca per le abluzioni, una stanza dedicata ai martiri dell’Iran: una parte commovente della moschea dedicata ai giovani morti durante la lunga guerra con l’Iraq. Di queste rievocazioni l’Iran ne è pieno. Il culto dei martiri è di per sé molto vivo, storicamente sono i morti della fede. Ma ci sono anche quelli moderni della guerra con l’Iraq ancora vivi nella memoria del paese. La guerra infatti ha privato diverse famiglie dei loro figli e per questa ragione in tutto il paese sorgono parecchi mausolei, oppure campeggiano foto sbiadite di giovani. Di quella guerra ne ho un ricordo lontano, quando ancora ero un ragazzino e gli echi di quei morti e delle battaglie raccontate in TV appariva un qualcosa privo di sentimento: “sono dei barbari, che si ammazzino tra di loro” questa era la sciocca idea che ci si face dentro, proprio perché si trattava di realtà lontane e poco conosciute. Quando però vieni a contatto con un paese, ne scopri l’umanità e la quotidianità, l’alterità che tu supponevi improvvisamente svanisce: gli anziani diventano come i nostri, così come i sorrisi dei bambini, ed è proprio la dimensione conoscitiva e sensibile del viaggio a farti mutare ogni prospettiva.
Il tempio zoroastriano
Le fondamenta di un tempio zoroastriano
Quasi a sorpresa siamo stati catturati da un signore molto gentile che ci ha fatti entrare in un’altra piccola moschea che custodiva dei veri e propri gioielli. Il tetto in legno era decorato secondo dei motivi geometrici, e inoltre vi era un antico minbar, ossia un pulpito in legno. Ma le soprese non finivano perché scendendo da una botola nel piano inferiore si entrava in quello che era l’antico tempio del fuoco zoroastriano. Di esso non restava sostanzialmente nulla di tangibile, salvo il bel tetto in legno e il perimetro delle mura. Vi era anche un antico mirhab, cioè una nicchia in legno che nelle moschee indica la direzione della Mecca; l’imam si pone davanti al mirhab (che in genere ha un gradino più basso, per indicare che l’imam seppur posto davanti a tutti deve mantenere la sua umiltà davanti gli altri fedeli) e la nicchia scavata aiuta l’amplificazione della voce durante le celebrazioni.
Un tappeto persiano come un mandala
Un dettaglio a cui ho fatto caso è stato quello di alcuni tappeti persiani che apparentemente ricreavano un motivo circolare simile ad un mandala. Bisogna dire che il mandala in quanto simbolo, è tipicamente buddista ma si manifesta in parecchi casi sotto forme diverse e in diversi culti. Anche Giordano Bruno, che si è riferito parecchio alla cultura mediorientale aveva disegnato diversi “sigilli” che altro non sono che dei mandala. In fondo essi esprimono e concentrano un concetto legato al divino, concetto che per chi sa coglierlo ne ottiene un importante lavoro dell’inconscio. L’islam ha al suo interno moltissimi simboli in chiave esoterica che lavorano e interiorizzano il messaggio divino sull’adepto. Molte decorazioni visibili nelle moschee e simili a quelle di questo tappeto, hanno in realtà un significato profondo. Poi gli artigiani, abituati da secoli a riprodurre questi simboli mantengono il motivo ma ignorano poi il significato. Con buona probabilità anche questo tappeto è stato creato con lo stesso principio, si rappresenta qualcosa di profondo, ma essendosi persa l’antica sapienza ne resta solo la rappresentazione. Così dalle nostre parti quando si rappresentano alcuni simboli sacri, esoterici o semplicemente alcune decorazioni di antiche chiese…
Il tetto della moschea con dei simboli geometrici in legno
Le stratificazioni culturali
Questa visita in particolare mi ha fatto riflettere in merito al legame indissolubile con il passato. Un po’ ovunque la sacralità di un luogo viene mantenuta sovrapponendo un edificio del successivo culto. Tipicamente avviene in Italia, dove una chiesa spesso sorge laddove vi era un tempio pagano, così in Iran i preesistenti templi zoroastriani vengono sostituiti dalle moschee. Il mantenimento del sito ha ragioni che si legano a questioni energetiche proprie dei luoghi naturali: cavità o parti di una città venivano scelte in base alle percezioni energetiche di figure oggi scomparse. Le chiese più antiche, per non parlare di quelle gotiche, nascevano con questo preciso intento, ed è noto (da parte di chi crede in queste qualità) che la zona dell’altare sia il punto energeticamente più forte. Questo legame con l’antico culto di Zoroastro in fondo rappresenta una delle ragioni per cui l’Iran è uno dei pochi paesi Sciiti al mondo assieme allo Yemen. Il paese venne islamizzato a forza dagli arabi che ridussero le altre confessioni a numeri esigui. Ma nello spirito proprio degli iraniani di certo qualcosa del grande passato è rimasta. Essi sono in fondo gli eredi di un impero che basava la propria unità nel culto di Ahura-Mazda e molti di quei segni permangono ancora oggi... Sembra infatti che lo sciismo corrisponda all’identificazione nazionale degli iraniani. Le differenze culturali tra sciiti e sunniti sotto certi punti di vista ricalcano questa differenza. Così avviene anche per lo sviluppo antropologico della regione. L’Iran, provenendo da questa base culturale forte, da questo mix di popoli e culture ha sviluppato una sua radice superiore rispetto alle regioni limitrofe. Un chiaro riferimento è l’architettura, le arti e la letteratura. Se si paragona l’Iran all’Arabia Saudita si ha una chiara percezione di ciò che l’Iran dato al mondo e ciò che l’Arabia ha fatto. In questa chiave amo vedere il substrato che fa emergere poi le manifestazioni più alte dei popoli.
Coppia con abiti tradizionali di Abyaneh
Isfahan
Nel ritmo serrato dei luoghi da visitare c’era la tappa successiva, Isfahan, la grande città che raggiungemmo in tarda serata. Al termine della cena e della sistemazione in albergo abbiamo fatto una passeggiata notturna nella vasta piazza Imam. Di notte la luce tenue dell’illuminazione notturna rende quel luogo davvero monumentale. Tutt’intorno gli archi regolari degli edifici danno un senso di equilibrio e le moschee, con le loro cupole piastrellate rendono perfettamente l’atmosfera da mille e una notte. Nonostante fosse quasi mezzanotte c’era sempre qualcuno in giro, turisti o semplici passanti si divertivano a fare delle foto o a chiacchierare  grazie alla temperatura mite della notte.
Una foto di gruppo con degli iraniani
Uno strano individuo
C’è stato un piccolo episodio che ci ha incuriosito, un gruppo di iraniani di passaggio ci ha fermati per sapere qualcosa di noi: come al solito… La nostra capogruppo ha risposto in farsi rivelando le sue origini, così in quella breve familiarizzazione ci siamo fatti una foto insieme. Curiosamente è spuntato un uomo di aspetto trasandato, di cui ricordo un dettaglio che mi ha impressionato: aveva la parte superiore della punta naso come se fosse stata riattaccata tramite un’operazione chirurgica. D’istinto ho pensato ad una qualche forma di mutilazione poi curata successivamente. Ma per altri versi egli mi rievocava lo stile e l’abbigliamento dell’ex leader iraniano Ahmanidejad. Forse questo accostamento non è troppo lontano dal vero, perché questo strano individuo si è avvicinato alla nostra guida e in farsi gli ha fatto una serie di domande. Per la sua insistenza dava l’impressione d’essere ciò che dalle nostre parti sarebbe un uomo che ci prova con le turiste, tartassandole di domande. Dopo averla intrattenuta alcuni minuti si è messo in disparte e ci ha lasciato fare la foto tutti insieme, finché siamo andati via. La capogruppo poi ci ha detto che egli le aveva chiesto del suo lavoro e se fosse o meno iraniana. Anch’ella aveva notato l’approccio strano dell’uomo, come di un’aura oscura. Uno dei ragazzi del gruppo poi ha suggerito, forse non sbagliando troppo, che egli fosse in realtà uno dei Guardiani della Rivoluzione che avendoci visto si è avvicinato per capire qualcosa in più di noi. Questo episodio, di cui non posso certamente aggiungere altro non avendo certezza sull’identità dell’uomo, mi ha fatto riflettere sulla realtà del regime iraniano.
Piazza Imam (Isfahan) di notte
In Iran, a parte le leggi restrittive della sharia vige il triste primato delle esecuzioni capitali per i più svariati reati. Inoltre il paese è stato più volte additato per il trattamento poco umano dei condannati. La considerazione che ne viene è che nonostante l’atmosfera rilassata e piacevole che si respira, vi è comunque un governo teocratico rigido che consente solo alcuni spazi di libertà. E’ stato quindi questo episodio a farmi ricordare ancora una volta che non eravamo in Italia, dove persino i reati gravi vengono spesso evasi o come nel resto d’Europa dove al peggio si finisce in una cella pulita. In Iran il rischio è di vivere un’esperienza da incubo. E forse proprio quella guardia rivoluzionaria stava facendo il suo lavoro: quello di preservare il costume e la dignità dei fedeli musulmani.

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