sabato 17 dicembre 2016

Iran 2016: Yazd - Shiraz

Decorazione della moschea del venerdì di Yazd
Giovedì 28 aprile

Quella mattina il caldo era davvero notevole, la variazione di latitudine sembrava manifestarsi sempre di più. Dopo tanta attesa finalmente siamo andati a visitare un luogo che desideravo vedere da tempo: le torri del silenzio. A Yazd la comunità zoroastriana porta avanti il culto seppur con qualche variazione rispetto alla tradizione. Le torri del silenzio infatti, poste sulla cima di due colline, erano dei luoghi in cui gli zoroastriani lasciavano i corpi dei defunti a decomporsi sotto il sole o mangiati dagli uccelli. Questa pratica che sembra assolutamente barbara e ignobile ha una sua ragion d’essere nella filosofia zoroastriana, ossia quella del rispetto del creato. Seppellire, bruciare o gettare in un fiume il corpo di una persona morta equivaleva all’idea di contaminare uno degli elementi naturali. Per questa ragione il corpo veniva restituito alla natura… Questa pratica in Iran non è più in uso per ragioni igieniche e le autorità governative hanno spinto la comunità ad accettare un cambio di abitudini con la sepoltura dei corpi. La tradizione delle torri del silenzio però è ancora viva in India, dove persistono delle comunità che provengono dall’antica dominazione Persiana giunta sino alle rive del Gange.

Torri del vento di Yazd
Interno della torre
Oggi di quelle torri restano solo delle strutture circolari con al centro una fossa in cui venivano raccolti i resti. Il muro alto impediva di vedere la decomposizione secondo una tradizione millenaria.

Torri del vento di Yazd
La società civile iraniana
L’altro luogo straordinario è il Tempio del Fuoco di Yazd. Di per sé l’edificio non è straordinario, forse perché è stato eretto negli anni trenta del secolo scorso e non possiede quell’aura di antico. Tuttavia qualcosa di vecchio c’è, ed è la fiamma che brucia ininterrottamente dal 470 a.C. 

Il tempio del Fuoco di Yazd
Ciò che mi ha colpito inoltre è la rappresentazione di Zarathustra, che sembra a tratti quella di Gesù Cristo, su cui sussistono diverse comunanze archetipiche e simboliche. Per il resto più che il luogo, ciò che sprigiona interesse è la storia millenaria di questa religione e il fatto che sopravviva tutt’oggi nonostante si mantenga in un paese musulmano. Ma è anche vero che l’Iran, a parte tutto, oltre a consentire l’elezione al Parlamento di uomini e donne, contempla pure dei seggi per le minoranze religiose. Il paese possiede una società civile molto attiva che ha condotto diverse lotte in passato per cacciare lo scià, oppure per i diritti dei lavoratori tramite il Partito Comunista iraniano e anche oggi il paese lotta per liberarsi dalle tante restrizioni che lo attanagliano. La guida ci diceva che ciò che oggi appare bloccato e arretato della società iraniana presto vedrà un nuovo corso. La presenza dei giovani di buona istruzione è forte e sviluppa anche un motore legato alla creatività e allo sviluppo del paese. 

Ritratto di Zarathustra
Verso Shiraz
Da Yazd poi ci siamo spostati andando verso sud in direzione di Shiraz, dove il nostro viaggio si sarebbe concluso. Lungo la strada che tagliava il deserto abbiamo incrociato la cosiddetta Montagna dell’aquila o Oghab Kooh per la sua forma caratteristica. Avevo fatto caso a questa montagna perché nell’albergo di Yazd vi era una sua foto turistica salvo poi trovarcela vicino lungo il percorso.

La Montagna dell'Aquila
Durante la sosta in un rifornimento di benzina sono stato fermato da dei ragazzi afgani che mi chiedevano di fargli una foto: curioso il loro atteggiamento, non chiedevano soldi, ma semplicemente essere immortalati nelle nostre foto. Erano dei lavoratori, provenienti da chissà dove, forse degli immigrati con storie incredibili alle spalle, sicuramente persone accolte in un paese più stabile rispetto al loro. In questa area del mondo si può in effetti percepire più da vicino il dramma di popoli lontani di cui abbiamo solo un vago sentore, ma che in realtà soffrono migrazioni e miserie che ignoriamo. I loro volti così caratteristici, così marcati nei loro abiti sporchi e maltrattati, concedevano per un attimo l’aspetto dell’Iran che mi è davvero mancato: il dialogo con la gente del luogo…

La tomba di Ciro il Grande
Le commistioni dell’architettura
Poco prima di Shiraz c’è il sito di Pasargadae con la famosa tomba di Ciro il grande. Purtroppo a causa l’ora siamo giunti in chiusura e pertanto non siamo entrati. Però quella sagoma della tomba visibile lungo il viale di accesso prefigurava ciò che in me era una delle ragioni principali del viaggio, vedere Persepoli. 

I venditori di souvenir a Pasargadae
All’ingresso del sito vi erano i soliti venditori di souvenir che quanto a cattivo gusto in fatto di cianfrusaglia sembravano pari alle colonne di Padre Pio o ai nani da giardino. Le riproduzioni dei bassorilievi di Persepoli, (da mettere a casa?) per quanto suggestive erano davvero pacchiane. Ma non solo, nel corso del viaggio ho potuto riscontrare un’altra caratteristica divertente. Così come dalle nostre parti alcune persone interpretano lo stile delle proprie case rifacendosi alle forme classiche: colonne, capitelli e via discorrendo. Anche in Iran alcune case subivano la stessa influenza, solo che ovviamente gli elementi architettonici erano tipici dell’architettura persiana. Gli ingressi con colonne in stile persiano non erano rari, ma anche certe case con cupole di derivazione islamica non mancavano. Il problema era che queste moderne costruzioni erano chiaramente brutte perché assorbivano tali influssi senza una vera elaborazione colta. In alcune periferie, proprio come nelle nostre, manca l’essenza del genius loci del luogo e ciò determina un forte senso di squallore.


Infine una cosa divertente. Proprio accanto al cartello di benvenuto del sito Unesco di Pasargadae, vi era anche una frase di Khomeini che in lingua inglese diceva: “L’intero mondo sa che tutti i problemi della nazione iraniana e delle altre nazioni sono causati dagli stranieri: dagli americani. Le nazioni musulmane odiano gli stranieri in generale e gli americani in particolare.” Ovviamente in queste parole vi sono tutte le ragioni storiche patite dal colonialismo in Iran, in particolare dalla storia recente con gli americani. E seppur concordo con le affermazioni di Khomeini, dato che è l’avidità degli stranieri a rovinare i paesi musulmani, sembra davvero divertente che un cartello simile venga posto all’ingresso in un sito Unesco. Oggi quel cartello sembra davvero anacronistico e si scontra con la realtà propria del paese e della grande accoglienza degli iraniani.


Il divieto di bere alcolici
Tra i vari divieti imposti alla popolazione vi è quello più pesante per il turista, cioè il divieto di bere alcolici. Se da un lato se ne comprendono le ragioni religiose, dall’altro l’assoluto bando è di per sé fastidioso. A tavola si era costretti a bevere solo acqua, salvo voler provare le bibite locali analcoliche che francamente erano orribili. Mi sarei accontentato di una birra analcolica, ma per avere almeno il gusto di essa si dovrebbe avere almeno una gradazione alcolica dello 0,1%. In Iran non c’è bibita che si avvicini neanche lontanamente alla birra, figuriamoci il vino. Curiosamente questa bevanda è elogiata dal poeta Hafez, e vista la sua enorme fama di poeta non viene censurato, dato che elogia l’ebrezza da vino. Il vino resiste solo in ristrette comunità armene o in feste private presso gli iraniani che rompono le regole a loro rischio e pericolo. 

2 commenti:

  1. E pensare che la vite Shiraz, una delle migliori al mondo,viene proprio da lì. Interessante....

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