mercoledì 29 giugno 2011

Sul declino culturale ed etico degli elettori di destra

28/3/2010

Si parla in genere del declino della politica, dell’assenza di un ricambio di esponenti e di un generalizzato impoverimento della classe dirigenziale del nostro paese. Questo aspetto di per sé importante e fin troppo dibattuto, nasconde in realtà il declino del proprio elettorato. E’ noto il carattere clientelare e fin troppo indifferente alle regole dell’italiano medio, carattere che da sempre si è rispecchiato nella classe politica che ci ha governato negli ultimi 150 anni. Ma volendoci soffermare proprio sulle differenze distintive dell’elettorato odierno, si evince una macroscopica divergenza tra elettorato di sinistra e di destra; una differenza assolutamente tangibile ogni qual volta capita di confrontarsi con gente comune. Parliamo dunque di persone senza particolari legami con la politica di mestiere o interessi tali da inficiare il valore delle proprie affermazioni: persone comuni, appunto, che hanno maturato una propria idea attraverso i vari canali di comunicazione o il retaggio culturale suggerito da amici, familiari e status sociale. 

Se un elettore di sinistra ha, soprattutto negli ultimi tempi, un’evidente disincanto nei confronti del proprio schieramento, quello di destra non mostra tale evidenza, o se lo mostra esso viene espresso in misura molto minore. Sui primi infatti pesa l’esperienza disastrosa dei vari governi Prodi e D’Alema succedutisi negli ultimi quindici anni, esperienza da cui hanno riscontrato le enormi incongruenze dei rappresentanti politici: la litigiosità, l’incapacità nell’interpretare le esigenze degli elettori, ma anche l’assenza di una dialettica adeguata e di un’idea che possa coagulare il vuoto ideologico post-comunista. Tutti questi elementi hanno pesato fin troppo nella coscienza collettiva degli elettori di sinistra, così gli eredi politici di Berlinguer sono riusciti a far estinguere quello che in passato era il più grande partito comunista europeo; per non parlare del fallimentare progetto del PD e del suo ruolo, ormai chiaro, nel mantenere in sella l’anomalia di Berlusconi. Tutto ciò sembra essere stato acquisito in misura talmente chiara da determinare fenomeni spontanei di critica: l’ascesa repentina di Italia dei Valori, il fenomeno dei Grillini, dei Girotondini, del Popolo Viola e di una galassia di altri movimenti più o meno determinanti nel dibattito interno allo schieramento. Pertanto a sinistra è molto più facile trovare un elettore che con lucida consapevolezza punti il dito sul suo partito di appartenenza: magari lo vota torcendosi il naso o sceglie di non votarlo completamente. Inoltre si aggiunge, in molti di essi, una minima conoscenza di fatti, circostanze ed eventi che motivano la loro scelta critica o la loro adesione: chi argomenta un sostengo antiberlusconiano, chi non vuole rinunciare al proprio diritto di voto, o chi sentendosi tradito sceglie appunto Di Pietro o persino la Lega (come avvenuto presso gli operai del nord Italia).

Ciò che si manifesta a destra invece è assai diverso. Dalle ceneri dell’MSI era nato AN, attraverso un percorso che aspirava a far divenire quel partito una destra europea con ideali di patria e giustizia, provando anche a lasciare alle spalle gli strascichi dell’ultimo fascismo sotterraneo in seno al partito. Poi però è arrivata l’esplosione di Forza Italia e del berlusconismo, attraverso una visione pragmatica di fare una politica e assai diversa da quella di AN. Gli elettori di FI si identificano subito nel carisma del loro leader, accettandone i pregi ma soprattutto le differenze con i politici della vecchia stagione. A un certo punto è avvenuta la fusione tra i due partiti e coloro che per princìpi o per retaggio culturale non avevano mai votato FI, improvvisamente si ritrovano un nuovo leader. La logica vorrebbe che un elettorato di destra che non si riconosca nella figura e nello stile di Berlusconi e scelga di non votarlo: un po’ come immaginare un comunista che sia costretto improvvisamente a votare Veltroni per assenza di un partito di rappresentanza. Ma gli elettori scelgono di appoggiare comunque la fusione tra due partiti e le due identità, proprio come si vede dai risultati elettorali. Ma soprattutto, gli ex AN accettano che Fini finisca col diventare un semplice subalterno a Berlusconi, avallando leggi e comportamenti del tutto estranei alla precedente identità. Così muore improvvisamente quello spirito legalitario con cui si erano formati i predecessori: basti pensare che Falcone e Borsellino votavano MSI e oggi sembrano diventati un “patrimonio” della sinistra. Questi principi infatti sono stati cancellati e sostituiti da un’ondata di accuse più o meno fondate contro la magistratura, ma cosa davvero più grave, contro la legalità. L’accettazione tacita da parte dell’elettorato di leggi antropologicamente contrarie alla natura originaria di AN come: l’indulto, la prescrizione breve, il falso in bilancio, i condoni e non da meno la candidatura di politici condannati con sentenze definitive, rende la situazione ancor più stridente. 
Ma lasciamo gli ex AN per passare agli elettori di FI. Le statistiche ci dicono che gli elettori di Forza Italia sono un ventaglio di categorie sociali differenti: liberi professionisti, imprenditori, ceti economicamente bassi e di bassa istruzione, ma anche cattolici e aderenti alle forze dell’ordine. Tutte queste categorie sono accomunate da interessi individuali che li portano a considerare Berlusconi come qualcuno che molto banalmente: «Non aumenta le tasse come fa la sinistra» frase ricorrente e parzialmente falsa. Altri candidamente dichiarano di avere un vantaggio dai condoni: «L’importante è che faccia il condono edilizio, così posso sanare la mia casa.» Questa è una risposta avuta da un collega di lavoro, risposta che certamente accomunerà alcuni professionisti come geometri e ingegneri, i quali ne traggono un diretto vantaggio. Ma ci sono altri liberi professionisti che sostengono Forza Italia, ossia chi era divenuto bersaglio del fisco e delle liberalizzazioni di Bersani: avvocati, dentisti, medici ecc. Anch’essi dichiarano di avere un giovamento dalla destra piuttosto che dalla sinistra. Saltiamo le forze dell’ordine, che ovviamente non potrebbero trovare diversa collocazione politica, per giungere alle fasce medio-basse. Molte di esse, a ragione, hanno ottenuto dei vantaggi fiscali che la sinistra non è stata lontanamente in grado di attuare e per questa ragione, votano ciò che considerano il meno peggio. Ma ovviamente in questa fascia di persone si nascondono anche coloro che, per mancanza di istruzione o per opportunismo trovano un’adesione incondizionata. Parlo non solo di chi fonda la propria intenzione di voto sulle mezze notizie ottenute dalla TV (casalinghe, pensionati, disoccupati con basso tenore di vita ecc.), ma anche di chi, soprattutto a sud, vende il proprio voto con modalità clientelari. Tutte queste categorie, che costituiscono l’elettorato di destra, hanno ottenuto un vantaggio dalla loro scelta. Vantaggio che li ha portati nel tempo a considerare il loro leader come una persona esente da errori. Così si nota curiosamente che quasi tutti gli elettori di destra tendano a non accettare le critiche mosse sull’operato di Berlusconi; oppure provano a controbattere usando frasi molto simili (quasi standard) usate dai politici di destra, senza però riuscire a sviluppare un discorso efficace. L’assenza di efficacia nei discorsi di difesa, accomuna le persone di bassa cultura ma anche le persone di media e alta istruzione. In molti casi si riscontra una carenza di informazione sia che si parli di leggi, vicende politiche, ma anche nel sostenere argomenti come: lo sviluppo o meno di inceneritori nel territorio, il sostegno o meno al nucleare ecc. In tutti questi casi è assai facile incappare in persone disinformate, o informate parzialmente dalla TV e senza aver mai avuto un personale approfondimento delle tematiche d’attualità. Inoltre un elemento riscontrato più volte è l’assenza di uno spirito sociale. Se si parla ad esempio della precarizzazione del lavoro o delle leggi contro gli immigrati, si riscontra candidamente un disinteresse delle persone di destra perché (a detta loro) non toccati da quelle tematiche. Oppure, si accetta anche la possibilità che lo stesso Berlusconi possa aver commesso qualche reato, perché come si dice in genere “rubano tutti” o ancora una volta perché a loro questo aspetto non li tocca da vicino. Ciò che è importante quindi per l’elettorato di destra, è il vantaggio immediato che ottengono individualmente…

La conclusione a cui si giunge pertanto è quella della disarmante consapevolezza che il declino culturale e sociale dell’Italia passi in larga misura da questo tipo di elettorato, che pensa solo al proprio tornaconto, che non si informa, non si indigna e non ha dunque a cuore le sorti della nazione. Certamente anche a sinistra esiste una fetta di soggetti che mostra dei requisiti alquanto simili, tuttavia come già affermato, esiste una coscienza critica che non accetta questo stato di cose. A destra tutto ciò manca e tale deriva etica, sociale e culturale determina poi il vistoso declino che soprattutto negli ultimi anni ha colpito ogni aspetto della quotidianità.

martedì 28 giugno 2011

Sentiero nel giardino di Monet a Giverny – Claude Monet



7/1/2000
Il tempo ha preso fiato, finalmente; incastonato tra ombre di giardini di primavera e cespugli di complesse creature botaniche. Qui si vive nell’oblio dei toni e nelle miscele di verde-azzurro sgargiante, annodato su rami di penduli sapori. L’eterna prospettiva di Giverny è un viale di tenue silenzio, una pallida ed impercettibile dimora, un cumulo incommensurabile d’affollate impressioni.

Prefazione

Cogliere l’attimo, l’istante d’infinito in cui s’aprono improvvise emozioni, e in cui le stesse divengono scrittura… Attorno a noi c’è un universo che percepiamo in ogni momento con i nostri sensi: è da questi sensi che nasce il nostro contatto con il mondo, quel contatto che ci spinge a scoprirlo e a comprenderne i segreti; questo mondo così reale fatto di colori, di sfumature e di tonalità, d’immagini “convenzionali” e d’immagini sconvolgenti, che come un pittore vorrei per sempre immortalare. Questo mondo sensibile è una nostra rappresentazione e da esso ne cogliamo i segnali più elementari, quelli che ci donano le sensazioni più belle.
Percepire ogni colore, ogni contatto, ogni singolo baluginìo d’eternità, è divenuto il mio senso artistico. Voglio “impressionarmi”, voglio scoprire cosa si cela dietro l’immagine vibrante d’un tramonto, d’un paesaggio, d’un quadro, un’un ritratto…
Ho cominciato a scrivere le mie sensazioni, le mie percezioni sfuggenti, e le ho messe su carta. Oggi le lascio al giudizio di tutti…

La spedizione ateniese a Siracusa



Non era giunto ancora il tempo per la pace nella giovane democrazia di Siracusa, anche dopo aver rovesciato l’odioso tiranno Trasibulo nel 466 a.C. Non era bastata la gioia popolare per l’avvento del nuovo corso politico, poiché un triste presagio pareva affacciarsi oltre la linea dell’orizzonte marino, oltre la sagoma fumante dell’Etna e la grande vallata di Catania. Correva voce che Atene fosse pronta a sferrare un grande attacco navale, una spedizione come mai s’era vista a memoria d’uomo…

Mantenere il potere sull’isola, era per Siracusa un vanto e un’esigenza imprescindibili; una forza che esercitava sui popoli sin da quanto il grande Gelone aveva elevato la città di Aretusa alla gloria di Ares. Con questa innata indole patriottica, il Consiglio della città s’era riunito più volte per cercare di comprendere quanto di vero vi fosse in queste affermazioni. Carichi d’incertezze e paure, i consiglieri ascoltavano l’arringa del generale Ermocrate, che più volte aveva ripetuto la necessità di cercare alleanze tra le città vicine e di allertare tutti gli uomini in armi. Ma l’allarmismo di Ermocrate era contrastato da Atenagora, un abile oratore che considerava infime le sue già note aspirazioni politiche: creare allarmismo nel popolo, istigare la paura che solo un tiranno avrebbe potuto colmare, questi i timori dell’oratore. Per questa ragione inveì con decisione, nell’intento di difendere i principi di una democrazia che considerava ancora troppo fragile.
Eppure Ermocrate parve aver ragione quando in città giunsero informazioni più precise dai messaggeri di Reggio: Atene era in rotta verso Siracusa con una flotta di 134 triremi e 30.000 uomini! In città piombò il panico, non solo tra il popolo minuto e i commercianti, ma soprattutto tra i soldati intimoriti dalla fama della micidiale marina ateniese. Ma non c’era più tempo per la paura, la città doveva prepararsi al meglio per difendere ancora una volta la sua sovranità; così si schierarono tutti gli uomini disponibili, furono chiamati rinforzi persino dalle vicine colonie siracusane: i soldati selinuntini dalla mira eccellente, i cavalieri di Gela e Camarina seguiti da una cinquantina di prodi arcieri. Poi c’era la cavalleria siracusana, l’orgoglio della piccola nazione: agili cavalieri che colpivano di sorpresa qualunque esercito si trovasse nelle vicinanze. 

Una trireme greca
Al primo contatto con le truppe avversarie, i siracusani si mossero all’inseguimento dello sparuto gruppo giungendo sin sotto le mura di Catania. Ma tale comportamento sembrava inusuale per i cavalieri che compresero il tranello sol quando furono richiamati in città da una richiesta d’aiuto: gli ateniesi infatti avevano giocato d’astuzia, ed erano sbarcati in forze nel porto grande della città.
Con le navi all’ancora e con un organizzato accampamento sul versante nord del Plemmirion, gli ateniesi ebbero tutto il supporto necessario per costringere più e più volte i siracusani alla ritirata. Se non fosse sovvenuta la pausa invernale a far tacere le armi, di certo la guerra si sarebbe messa subito molto male! Durante i freddi mesi invernali dunque, partirono immediate richieste di soccorso alla madrepatria corinzia e a Sparta, storica alleata di Siracusa. Ma le richieste impensierivano più del previsto, poiché già logori dalla guerra del Peloponneso, nessun alleato era disposto a concedere uomini: tuttavia, vista l’importanza strategica della città, Sparta inviò uno dei migliori uomini, il generale Gilippo; ai inoltre diplomatici furono concessi preziosi colloqui con Alcibiade, che dopo aver abbandonato la spedizione ateniese s’era rifugiato a Sparta.

Mappa dell'assedio atenienese. 1. Siracusa, 2. Porto grande, 3. Porto piccolo, 4. Cava, 5. Doppio muro ateniese, 6. Anello, 7. Labdalo, 8. Muraglia non completata, 9. Contromuro, 10. Olympeion, 11. Plemmyrion, 12. Eurialo, 13. Palude
Al sopraggiungere della primavera gli ateniesi ripresero gli attacchi, forti di ulteriori contingenti e di un morale assai alto. Aggredirono Megara Iblea e i vicini borghi, incendiando i campi e razziando le case, iniziando le manovre d’assedio su Siracusa. Per questa ragione Diomilo, con un esercito di 600 opliti colpì ripetutamente gli avversari sul fronte nord sotto le mura del castello Eurialo, dove però perse metà del suo esercito. Gli avversari quindi avanzarono ancora, giungendo sull’altopiano dell’Epipoli dove costruirono in breve tempo una roccaforte: il Labdalo. Da qui comandarono l’accerchiamento, erigendo un muro che avrebbe strangolato ogni speranza di vittoria e che in breve tempo iniziò a sortire i primi effetti. L’assedio infatti stava rendendo difficoltosi i collegamenti con l’esterno, tanto da rendere necessario il razionamento dell’acqua e del cibo.
Nel frattempo la cavalleria siracusana cercava nuove vittorie che invece fecero riportare solo ulteriori sconfitte: gli avversari erano molto meglio organizzati e potenti. Ormai non restava altro che contrastare la fatale costruzione del muro ateniese, innalzando un contromuro che ne avrebbe rallentato la costruzione. Tra i numerosi scontri che i valorosi opliti siracusani affrontarono, vi fu quello decisivo dove il generale ateniese Lamaco perse la vita lasciando al comando soltanto Nicia. Forte del vantaggio ormai conquistato, l’ateniese manovrò le sue truppe ingannando nuovamente i siracusani che subirono nell’estate del 414 a.C. un massiccio sbarco tra le rive del porto grande. Adesso la città sembrava pronta al suo destino…

Cosa fare quando il nemico attende la tua fine con fredda determinazione? Era sicuramente questa la domanda che gli strategoi di Siracusa si ponevano, poiché non sarebbe bastato sostituire i comandanti dell’esercito o ipotizzare uno scontro finale per ricacciare gli invasori. Non c’erano più alternative se non quella di avviare delle trattative con Nicia: solo così la città si sarebbe salvata da un’immane ecatombe di uomini, donne e bambini... Eppure c’era chi ricordava che nessun segnale era giunto ancora dagli alleati, e che Sparta e Corinto, non avrebbero mai permesso la caduta di Siracusa. Tuttavia i templi erano pieni di offerte e di donne in preghiera, mentre gli animi parevano presagire soltanto il peggio.
Ma quando tutte le speranze sembravano perdute, un segnale ritenuto divino fu percepito dagli stregoni: dal mare sarebbe giunta la salvezza! Pochi giorni dopo infatti il valoroso generale spartano Gilippo giunse in forze dal mare, sbarcando con rinforzi e viveri che fecero gioire tutti i sacerdoti dai templi e risollevarono lo spirito dell’intera città.

Gilippo prese subito il comando riorganizzando l’esercito e riprendendo un’offensiva che immediatamente si rivelò efficace. Conquistò in breve tempo la fortezza del Labdalo a nord della città, impedendo la costruzione del muro di accerchiamento ateniese grazie ad una serie di importanti vittorie. Poi rivolgendo l’attenzione a sud, verso l’imboccatura del porto grande dove un’importante base ateniese controllava qualsiasi movimento, decise di attaccare, poiché la base ateniese sul Plemmiryon era la chiave fondamentale per capovolgere le sorti della guerra. Per questa ragione Gilippo attuò un tranello: avviò dapprima un attacco dal mare che tenne impegnati gli ateniesi, poi un poderoso attacco da terra che riuscì in poco tempo a completare una missione straordinaria. Il Plemmiryon adesso era in mano siracusana, col suo prezioso tesoro di ricambi e munizioni della marina ateniese!

Dopo l’imboccatura del porto, i siracusani ottennero altre vittorie che amplificarono i numerosi errori tattici degli avversari, perdite che in breve tempo capovolsero totalmente le sorti della guerra. Adesso erano gli ateniesi ad essere impediti via mare e messi in difficoltà nelle comunicazioni con Catania. Per questa ragione Nicia mandò una richiesta ufficiale di aiuto alla patria che fu subito accolta, raccomandando una strenua resistenza sino all’arrivo dei nuovi rinforzi.
Le truppe ateniesi, consce della necessità di resistere, attesero per mesi l’arrivo dei rinforzi che un bel giorno giunsero da est riempiendo l’intero orizzonte marino. Nell’estate del 413 a.C. dal mare apparvero 73 triremi con a bordo 15.000 uomini con mezzi e viveri. La nuova spedizione aveva le stesse proporzioni della prima, per questa ragione il riscatto dei siracusani fu presto raggelato. Come avrebbero potuto far fronte ad una nuova imponente spedizione?

Il nuovo comandante ateniese Demostene attaccando il castello Eurialo riuscì a conquistarlo, fermando ancora una volta l’avanzata del contromuro difensivo siracusano che venne nuovamente distrutto. Ma proseguendo l’avanzata sull’altopiano dell’Epipoli una notte avvenne l’impensabile: senza l’aiuto della luna, gli opliti ateniesi furono incapaci di riconoscersi l’un l’altro, finendo col lottare assurdamente gli uni contro gli altri. La carneficina ateniese durò tutta la notte cessando solo alle prime luci dell’alba, quando sul campo erano rimasti 2500 soldati. Questo massacro si unì alle morìe di uomini causate da un’epidemia divampata nel campo ateniese. Le forze vennero meno, gli uomini non vollero più combattere e nessuno comprendeva più la ragione di una guerra tanto lontana dalla patria, quanto assurda. Demostene quindi decise la ritirata verso Catania.
Nicia però, dopo aver assistito all’eclisse lunare del 27 agosto 413 a.C. interpretò l’evento astronomico come un cattivo presagio. Per questa ragione decise di rinviare il ritiro delle truppe di qualche giorno, lasciando erroneamente ai siracusani il vantaggio di bloccare la fuga verso nord, dove ormai non giungevano più neanche i viveri poiché l’ordine di ritirata era stato già impartito. Sicché quando cominciarono a muoversi le truppe ateniesi trovarono i siracusani ad impedirlo. Dunque non restava altra via di fuga se non quella per mare: bisognava forzare il blocco navale nel porto grande!

Il 10 settembre del 413 a.C. preparate tutte le imbarcazioni ateniesi anche quelle logorate da poca manutenzione o trascurate a causa della guerra, partì l’assalto alla flotta siracusana che sbarrava la fuga. Grande fu la battaglia navale che ne sorse, condotta in ristretti spazi di manovra che determinarono l’affondamento delle imbarcazioni e la morte del comandante ateniese Eurimedonte. L’esito quindi fu ancora una volta a favore dei siracusani che costrinsero i sopravvissuti ad arenare le triremi o a salvarsi a riva, organizzando una rapida fuga da terra. Raccolti i pochi viveri e le ultime armi, i soldati diedero l’ultimo saluto ai compagni feriti e ammalati che non sarebbero sopravvissuti alla lunga marcia che li attendeva. Ormai i comandanti non concedevano più tempo, poiché Nicia e Demostene ordinarono la partenza degli ultimi 40.000 sopravvissuti.
Viaggiando di notte, nel timore di subire gli assalti della feroce cavalleria di Gilippo, gli ateniesi provarono a far perdere le loro tracce battendo i sentieri più impervi. Ma giunti ai piedi dei monti Climiti, furono intercettati dalle sentinelle siracusane che arrestarono la loro fuga armando degli scontri che li costrinsero a cambiare direzione. Puntando adesso verso sud, nella speranza che Camarina o Gela potesse accoglierli, accesero dei fuochi notturni per ingannare il nemico che li avrebbe creduti accampati per una notte ancora. Ma la fuga divenuta fin troppo precipitosa divise in due gli eserciti: l’uno comandato da Nicia, l’altro molto più disordinato ed arretrato, comandato da Demostene. 


Ma i chilometri scorrevano sotto i piedi facendo giungere finalmente gli uomini al guado del fiume Cacipari che avrebbe permesso un po’ di sosta e refrigerio. Poi sopraggiunti al fangoso fiume Erineo arrivò la triste notizia che le truppe di Demostene erano state intercettate ed annientate da un fitto lancio di frecce e lance, costringendo i pochi sopravvissuti alla resa.
Il terrore quindi corse dietro la schiena di Nicia che prefigurava un tremendo destino; ma egli era un uomo che non si sarebbe arreso, anche quando i messaggeri di Gilippo suggerivano beffardamente una fine che avrebbe evitato inutili perdite. Giunti nei pressi di Eloro, tra le scoscese rive del fiume Asinaro, il caldo estenuante e la sete annullarono qualsiasi forma di disciplina. Gli uomini accalcati scompostamente lungo il fiume, senza mantenere alcuna difesa, furono improvvisamente decimati sotto i colpi dei dardi lanciati degli arcieri di Gilippo. Valoroso ma non certo crudele, Nicia dichiarò la resa, affinché si salvassero quante più vite umane possibile.
Ma egli non potè immaginare quali sofferenze dovettero poi subire i commilitoni, morti nei giorni a seguire per fatica e dissenteria, contratta nelle luride acque dei campi di battaglia. Condotti in città e subito imprigionati nelle inospitali latomie, cercavano salvezza lasciandosi vendere come schiavi, oppure recitando a memoria i versi di Euripide. Se gli ufficiali e i soldati, morirono di fame e di stenti, lavorando all’estrazione di quelle pietre che fino ad oggi ricordano i monumenti della migliore grecità, i generali Nicia e Demostene vennero giustiziati in pubblica piazza. A raccontare l’ecatombe della grande armata ateniese, furono in pochissimi, sopravvissuti che in patria poetavano i segni dell’astuzia siracusana e gli errori di un’intera nazione.

Luci alla ribalta

Alcune settimane fa ho tenuto una piccola conferenza presso l'associazione Natura Sicula, affrontando l'argomento dell'illuminazione pubblica in città. Dovete sapere che nel 2002 venne deciso a Siracusa di indire un bando di concorso per la gestione e la manutenzione dell'illuminazione pubblica. Lo scopo è nobile, cioè di far risparmiare soldi al Comune. Il bando va avanti e viene aggiudicato da una ditta che da allora gestisce gli impianti. Infatti avrete notato come da alcuni anni la città è meglio illuminata!

Nel bando inoltre si inseriva una sostituzione generale delle lampade, degli impianti e dei pali: insomma un rinnovo totale, talmente grosso da costituire una cifra enorme di investimento dell'ordine del milione e mezzo di euro. A regime così la ditta dichiara di gestire gli impianti via internet da Milano tramite software, e di poter stabilire lo spegnimento e la modulazione della luce.

L'ovvia domanda è, ma dove guadagna la ditta se spende soldi? Il guadagno è ottenuto nel ritorno dell'investimento, perchè tramite l'adeguamento si ottengono dei risparmi energetici dovuti all'efficienza luminosa, alla lampadina al sodio rispetto ad una al mercurio che rende meno, e a una minore manutenzione. A conti fatti la ditta ha ridotto i consumi del 30% circa, con un sensibile miglioramento estetico delle vie nelle ore notturne. In questo modo si è ottenuto un duplice obiettivo: ridurre i consumi e gestire melgio l'illuminazione attraverso un investimento che il Comune non sarebbe mai stato in grado di fare. Ciò che mi sembra strano è, possibile che questa cosa non sia stata pubblicizzata a dovere dall'allora sindaco Bufardeci? Una volta che si attua un'azione realmente positiva per la città, essa non viene neanche "venduta". Ma com'è possibile?

La ragione, se si riflette la si trova, perchè è molto legata sia alla tipologia di elettorato che alla sensibilità degli amministratori sull'argomento. L'interesse dell'entourage del sindaco era quello di risparmiare soldi, e questo si è fatto. Poi se porta miglioramenti ambientali poco importa. Lo dimostra il fatto che proprio perché la sensibilità è scarsa su questo argomento, il Comune non ha neanche pensato ad un vero e proprio piano di risparmio energetico (anche se so che uno ne è stato approvato). In fondo, l'illuminazione pubblica costa meno, ma attorno ad esso non si è costruito nulla, c'è un vuoto completo.

Tirando le somme del discorso, si giunge alla conclusione che una certa visione "illuminata" della cosa pubblica è assai rara, e quando avviene come in questo caso, l'ignoranza di chi la attua e il disinteresse collettivo di chi la vive è tale da lasciarlo correre nel dimenticatoio. Questo tipo di scelte altrove avrebbero portato al Comune una certa fama, come un Comune attento alle risorse energetiche, al risparmio, e invece nulla. Anche in questo si nota, a quale livello siamo abituati a vivere.

La storiella degli autobus di Siracusa

Vent'anni fa, quando andavo a scuola, per ovvie ragioni di distanza prendevo l'autobus. Allora gli automezzi erano gialli, vecchi, rumorosi, sporchi, poco puntuali e ma soprattutto poco affidabili. Oggi le cose sono cambiate, a gestire il servizio pubblico c'è sempre l'AST, gli autobus sono bianchi e non più giallo, sono più moderni, ma sono sempre sporchi, poco puntuali e inaffidabili. Per questa ragione, oggi come ieri, non mi sono più sognato di utilizzarne uno neanche quando sono rimasto a piedi.

Vent'anni fa da bravo cittadino mi ero fatto un abbonamento annuale all'AST. Ma dopo aver viaggiato per mesi e mesi mi ero accorto di quanta gente saliva senza obliterare il biglietto: praticamente tutti! Inoltre avevo notato nell'intero anno scolastico come neanche un controllore avesse mai verificato il mio bell'abbonamento da bravo cittadino... Nel tempo questa cosa mi suonava sempre più fastidiosa sia perchè ero l'unico che si era abbonato, sia perchè pagavo un servizio troppo scadente. Non era raro riscontrare che gli autobus saltassero la corsa, così senza preavvisi e informazioni, determinando un travaso di utenti nell'autobus successivo (mezz'ora dopo!) con l'effetto "autobus sudamericano", cioè pieno a tappo. Quante volte accadeva di attendere sotto la pioggia senza una pensilina che riparasse, senza orari, senza certezze... Così un bel giorno, fatti quattro conti ho deciso di non rinnovare più l'abbonamento AST: da quel momento avrei viaggiato con un biglietto di riserva (non si sa mai un controllore dovesse sognarsi di venire). A quel calcolo avevo aggiunto infatti la scarsa probabilità che mi facessero una multa, e quand'anche ne avessi ricevuta una non avrebbe mai ripagato tutti i biglietti non obliterati! La cosa ha funzionato.

A vent'anni di distanza poco è cambiato, il Comune di Siracusa continua ad affidarsi al servizio regional-clientelare dell'AST che negli anni, in mancanza di controlli, arbitrariamente tagliava corse e diminuiva i chilometri percorsi: in pratica una truffa tacita al Comune. Poi ai tempi della giunta Bufardeci qualche assessore ai trasporti favoleggiava di revocare il servizio all'AST, ma ovviamente nulla è cambiato: l'AST è sempre lì. Sì perchè la presenza dell'AST in città deriva dal fatto che fino ad un certo chilometraggio il servizio è pagato dalla Regione, oltre dovrebbe sborsare il Comune che ovviamente ha i soldi per pagare l'auto del sindaco e non quelli per i cittadini. Ma c'è di più, l'AST attualmente è senza controllori nè ha intenzione di assumerne visto e considerato che la loro assunzione costerebbe di più della stessa evasione. A buon intenditore...

Ora il mio discorso non verte verso l'elogio della furberia, quanto al lamentare il mantenimento di una situazione che non cambierà mai, di un servizio che resta da terzo mondo e che a mio avviso non è tollerabile. La mia lamentela verte sul fatto che un servizio che vada sostenuto economicamente debba considerare la dignità della gente. Questa personale convinzione si è cementata dopo una breve esperienza in Svezia. Spostandomi dall'aeroporto di Stoccolma al centro città avevo preso il treno commettendo un errore nella stampa del biglietto: avevo pagato una corsa andata e ritorno invece di una singola. Giunto il controllore in un treno pulitissimo e confortevole, mi fu suggerito (con dialogo in italiano!) di rifare il biglietto sul momento e di farmelo rimborsare all'arrivo presso la stazione. Giunto a destinazione, senza riempire moduli o inviare raccomandate mi hanno riaccreditato i soldi spesi: in quel caso il servizio l'ho pagato (salato) ma con estremo piacere. Cosa sarebbe successo se la stessa cosa fosse avvenuta con l'AST?

Se gli imprenditori consigliano, perchè non crederci?

Su La Sicilia del 1 febbraio è comparso un trafiletto dal titolo Gli imprenditori consigliano maggiori cautele. In esso si riprende ancora una volta la diatriba legata alle modifiche del PRG dopo l'accorato appello delle associazioni ambientaliste e di un cordone di figure note contro la cementificazione della città. Sicché approvata la variate da parte del Consiglio Comunale si sono levate le voci degli oppositori. Da settimane l'ex sindaco Bufardeci si lamenta di una scelta che va contro lo sviluppo della città, gli imprenditori ovviamente si accodano e per finire ci si mette la Regione Sicilia con l'introduzione del Piano Paesistico, una legge che in poche parole nel tutelare il territorio limita fortemente la cemetificazione.

L'articolo su La Sicilia riporta una nota preoccupata presidente provinciale dell’Aniem, Giuseppe Bastante che dichiara: «Puntare al piano così com’è può portare a gravi conseguenze sociali non appena verranno attivate le norme di salvaguardia non si potranno rilasciare concessioni neanche dove è possibile farlo e ciò vuol dire chiudere i battenti. È un atto di irresponsabilità: il Comune dovrebbe rifare il Prg e passeranno degli anni. Capisco che c’è stata una cementificazione esagerata negli anni, ma non si può spegnere la macchina in corsa e restare a bocche ferme. La Soprintendenza ha impiegato 11 anni per fare questo piano eppure hanno approvato il Prg oggi del tutto invalidato ma i cittadini hanno investito sulla programmazione degli enti e ora si viene a perdere la certezza del diritto».
In pratica si lamenta del fatto che i costruttori "poverini" resterebbero senza troppo lavoro e che inoltre è stato fatto un abuso spegnendo una macchina in corsa. Quindi la filosofia degli imprenditori è: "lasciateci lavorare cortesemente, non metteteci in difficoltà e anche se il territorio si cementifica poco importa..." Viene da pensare anche un'altra cosa. Ma la Soprintendenza in questi anni come ha potuto avallare certi progetti di edificabilità alla Pillirina e a ridosso delle Mura Dionigiane? Quale ruolo riveste? La posizione dei politici invece si commenta da sola...

La cultura dei mediocri

Qualche giorno fa sono stato a Catania a vedere la mostra su
Modigliani al Castello Ursino. Una bella mostra, devo dire, se si
pensa all'eccezionalità dell'evento per Catania e per la Sicilia in
generale. Sappiamo tutti quanto manchino i grandi eventi culturali in
Sicilia e questa mostra certamente ne fa parte. Sicché il mio
pensiero si è rivolto subito alla mia città: possibile che una città
patrimonio dell'Unesco sconosca tali eventi? Se si ripercorre la
memoria storica degli ultimi anni, a parte le rappresentazioni
classiche dell'Inda troviamo una mostra su Sironi, su Guttuso
(parliamo degli anni ottanta), e una (di scarso appeal) sulle
avanguardie russe. Poi nulla di riguardo, sempre una trita ripetizione
di pittori locali, concertini e sporadiche presenze di attori più o
meno famosi per rassegne estive. Ma una mostra come quella di
Modigliani neanche a parlarne! D'altronde l'appiattimento culturale
della città è noto, non ci si scompone più di tanto per la decennale
assenza del teatro. Così siamo costretti a spostarci verso Catania (e
persino a Sortino!) per assistere a del buon teatro, a Canicattini per un
artista Jazz che si rispetti o a Taormina per un vero concerto.
Insomma la nostra dipendenza culturale da altre città è evidente!

D'altronde ogni iniziativa muore presto dalle nostre parti, sono pochi
anche gli imprenditori disposti a rischiare i soldi per una realtà
culturalmente mediocre. Non un'assessore che si prodighi in attività
culturali nuove, non un pubblico abituato alla qualità e infine
l'amara consapevolezza: la scarsa disponibilità dei propri
cittadini, mortificati da scarse prospettive economiche.

Pertanto in assenza di miracoli o improvvise virate culturali, non ci
resta che uscire dalla provincia o prendere l'aereo per respirare
un'atmosfera che da noi proprio non vuole attecchire...

La tassa dei disonesti

In questi giorni è arrivata la corposa busta che ricorda la scadenza del pagamento della tassa dei rifiuti solidi urbani, cioè la TARSU. Ammetto che ogni volta che arriva il pagamento di questa tassa monta in me una rabbia indescrivibile, sia per la cifra da sborsare, sia perché essa è una tassa disonesta. Non che stia suggerendo ribellioni di massa contro le tasse, ma una sana riflessione su chi ci impone salassi a causa di un annoso disinteresse e incompetenza si. Bisogna sapere che a Siracusa paghiamo la TARSU più cara di tutta Italia. Questo perché mandiamo tutti i rifiuti in discarica senza effettuare alcuna raccolta differenziata.

In città vedete in bella vista la farsa di cassonetti per la raccolta differenziata, senza sapere poi che non esistono in città impianti per un trattamento differenziato dei rifiuti. Infatti la percentuale di raccolta non raggiunge neanche il 4%. Ora, se si riciclasse seriamente tramite una raccolta porta a porta, si creerebbero immediatamente un centinaio di posti di lavoro ripagati sia dal risparmio dei costi di discarica e sia dal valore di plastica, vetro e carta venduti ad aziende specializzate. Succede così in ogni parte del mondo, si sviluppa un'economia basata sul riciclaggio che alimenta posti di lavoro e fa risparmiare tutti. Se si pensa che in Germania ogni lattina di birra lasciata nella macchinetta automatica presso i supermercati produce un buono spesa di ben 20 centesimi di euro a prodotto, immaginate voi... Se per assurdo questo sistema fosse diffuso in città, trovereste i raccoglitori di cartone con le loro Ape Piaggio o semplici cittadini intenti a rovestare tra rifiuti o a ripulire spiagge, pur di accumulare buoni spesa. Vi immaginate? Toglieremmo anche il problema della sporcizia ai lati della strada...

Tentativi di raccolta differenziata sono stati fatti nel tempo senza nessun risultato concreto. Già dai tempi di Bufardeci si fantasticava sulle isole ecologiche, sulla discarica vicino al Malibù e su tutte le sciocchezze annesse. Il risultato totale di queste chiacchiere è una tassa che continua a pesare sui cittadini in modo evidente. Ora non stiamo a dire cosa si potrebbe fare, come si dovrebbe cominciare, o quale assessore dovrebbe fare la sua parte. Bisogna solo rendersi conto che tra qualche mese oltre a pagare un sacco di soldi per l'inezia dei nostri amministratori, ci stiamo lentamente avvicinando all'emergenza Napoli e a quella di Palermo. Le discariche sulle quali la nostra città convoglia i rifiuti sono giunte al limite, senza avere all'orizzonte valide alternative: ovviamente neanche una parola spesa dal ministro Prestigiacomo!

Purtroppo la tassa sui rifiuti va pagata e la spazzatura conferita da qualche parte, ma certamente, quando giungerà l'emergenza rifiuti suggerisco di conferire il proprio sacchetto davanti la casa del sindaco, dell'assessore all'ambiente o magari davanti la mega-villa del ministro dell'ambiente. Ovviamente io non vi ho detto nulla, è a vostro buon cuore...

Capodanno a piazza Duomo? Mica tanto ovvio...

Per l'ennesimo anno Piazza Duomo si è riempita totalmente sotto il palco di FM Italia per festeggiare il nuovo anno. Ovvio direte voi, lo si fa da un po' di tempo... Non è proprio ovvio, perché non era così qualche anno fa. Ricordate quando in piazza non c'era nulla? Vi ricordate quando non era possibile montare un palco a capodanno perché si diceva: "disturba il Vescovo". Vi ricordate certe dichiarazioni dell'allora sindaco Bufardeci che difendeva il diritto dei fedeli di andare a messa al Duomo? Io lo ricordo benissimo. Allora la politica si prostrava per volere del Vescovo privando la cittadinanza di una festa che si rispetti. Così si giungeva dopo la mezzanotte in piazza e si vedeva il deserto, pochi sparuti gruppi di persone alla ricerca di un locale aperto immaginandosi altrove: magari a Catania o a Ragusa dove il capodanno è sempre stato un momento di aggregazione.

Per fortuna quei tempi sono finiti: nuove amministrazioni, nuovi assessori e nuovo Vescovo. Sicché chi voleva andare a messa e chi poi voleva festeggiare, è stato accontentato. Resta solo la squallida consapevolezza di quanto mediocre sia questa politica locale sempre influenzata dai piccoli gruppi locali di potere: una volta il vescovo, un'altra la soprintendenza. Poveri noi!

Uno sconsolante sondaggio Demopolis

Qualche mese fa il Comune di Siracusa ha speso i soldi dei cittadini per conoscere ciò che già sapevano tutti, e nel contempo per vantare le doti immeritate del suo sindaco. Il sondaggio Demopolis denominato "La città che vorrei" mette in luce alcuni dati come le priorità dei cittadini, che risultano essere: il traffico urbano (in effetti a parte alcune rotatorie, nulla si è fatto in tal senso), le strutture e i servizi sociali (e anche in questo caso si conferma ciò che sappiamo). Riguardo ai servizi pubblici i cittadini promuovono la valorizzazione turistica (e fin qui poco da eccepire) e persino le iniziative culturali! Bocciati, manco a dirlo, viabilità e trasporti... Curioso riscontrare come i cittadini diano ancora ampia fiducia al sindaco Visentin promosso a maggioranza per le sue doti di equilibrio e competenza.

La considerazione in merito a questo sondaggio, che ripeto a me appare alquanto inutile perchè si è scoperta l'acqua calda; la considerazione dicevo, è quella che a parte le ovvie preoccupazioni sussiste anche una percezione della realtà da parte dei siracusani alquanto distorta. Le iniziative culturali ad esempio sono mediocri e provinciali. Infatti a parte gli spettacoli dell'INDA, nel corso dell'anno le varie iniziative sono qualitativamente ridicole: mostre di artisti locali, degustazioni, mercatini, alcuni spettacoli teatrali di compagnie non professionali, soliti concertini di Natale ecc. Assenti i concerti (salvo le iniziative estive di privati), assenti i festival e gli artisti di pregio nei vari ambiti. Assente una mostra di rilievo (come meriterebbe una città patromionio UNESCO), assente una politica di valorizzazione culturale (che ad esempio richiami artisti presso il Museo d'Arte Contemporanea o attraverso istallazioni all'aperto). Insomma su questo fronte, nulla che sia paragonabile a altre città UNESCO: eppure i cittadini ne risultano soddisfatti, buon per loro!

Buon per loro essere soddisfatti di un sindaco che non ha mai fatti nulla per ridurre la già elevata pressione fiscale, per salvare posti di lavoro e richiamare aziende ad investire, per sollevare dal fondo delle classifiche la raccolta differenziata che pesa sulla TARSU, e così via... Insomma per farla breve, sapere che nonostante tutto i cittadini apprezzino l'operato di questa Amministrazione Comunale mi induce a pensare che questo stato di mortificazione di ogni aspetto della vita siracusana sia agevolato dalla nostra sconsolante accettazione dello status quo.

L'unione delle forze salva Siracusa

Lo scorso 21 dicembre dovrebbe essere ricordato come una data storica per la nostra città perchè grazie alla mobilitazione delle associazioni ambientaliste e culturali si è evitato un immane scempio. La sensibilizzazione della cittadinanza tramite molteplici iniziative: striscioni, conferenze, raccolta di firme, appelli di personalità famose, manifestazioni e quant'altro ha invertito la rotta di decisioni già prese. Il precedente Piano Regolatore Generale approvato nella scorsa sindacatura Bufardeci aveva concesso ampi margini all'edificazione di alberghi e cooperative sia in piena Area Marina Protetta che a ridosso delle Mura Dionigiane: un bel regalo a speculatori e costruttori edili! La scusa è la solita, creare sviluppo e benessere svendendo il territorio con ricadute economiche minime sulla città. Ma non voglio soffermarmi su questo aspetto, quanto sul valore aggiunto che la cittadinanza può fare nell'ambito delle scelte dell'Amministrazione Comunale. Lavorare sulla conoscenza del teritorio, sulla sua storia, sul suo valore reale è un compito strepitoso che portano avanti da anni le associazioni culturali e ambientaliste del siracusano. Questa comunità di sostenitori è il patrimonio di una città che vuole migliorare se stessa e la realtà in cui vive. Sicché il valore di questa vittoria giunta al Consiglio Comunale è di ampia portata! L'aver convinto tutta l'Amministrazione Comunale a modificare il PRG secondo regole di buonsenso, cancellando di fatto persino delle autorizzazioni edilizie, ha un valore di cui forse non ci rendiamo conto...

Sappiamo bene quanto sia grande la forza di soggetti ben più organizzati, come gli speculatori e persino certi ambienti mafiosi che nella nostra terra gestiscono le decisioni più importanti. Ma sappiamo anche che l'opinione pubblica è in grado di ribaltare decisioni contrarie all'interesse collettivo. Per questa ragione, oltre a ringraziare quanti si sono spesi per il bene nostro, dobbiamo considerare sempre più la forza individuale che ognuno di noi può esprimere.

Una Siracusa che non c'è

Di quale Siracusa parliamo? Di una Siracusa storica? Della colonia greca che riuscì a battere Atene e a decretarne il suo declino? Della città di Vittorini o della città odierna, bella e orribile allo stesso tempo? Stiamo parlando di una Siracusa che non c'è o che c'era e forse esiste solo nelle nostre speranze (ahimé di pochi).

Con questo blog vogliamo parlare della nostra città senza limitarci a dare notizie, informazioni o annunci: quello lo lasciamo fare ai giornalisti... Noi vogliamo parlare schiettamente di quello che succede, dei nostri pensieri e di ciò che volutamente viene omesso a coloro che desiderano informarsi e conoscere. Basta riflettere per scoprire che molte come vengono fuori dalla melma del presente.

Il pioggiante

Piove, dunque non posso andare via da qui; dunque cade acqua dal cielo e nubi basse oscurano l’orizzonte; dunque non c’è il sole, non c’è la luce e le strade sono bagnate: non posso uscire; e se non posso uscire, allora devo restare a casa e badare a me stesso, sì devo badare a me stesso, a me stesso! Ma come devo fare? Come devo fare allora se non posso uscire? Le strade si bagnano e l’acqua si accumula ai bordi in pozzanghere di sporco. Allora tutto si sporca, tutto si bagna e io non posso uscire. Devo stare dentro a guardare la pioggia cadere? E che significa che la pioggia cade? Che significa dunque? …Sciocco! Sono uno sciocco! La pioggia è la pioggia, che discorsi faccio? Se cade vuol dire che deve cadere, che Dio ha deciso che oggi deve cadere la pioggia e bagnare le strade! La pioggia è normale… come sono stato sciocco a credere diversamente! La pioggia è un fenomeno d’instabilità termobarica del tempo meteorologico, dunque un fenomeno fisico ben spiegabile; s’accumula condensa di nubi, e il contatto di fronti termobarici ne favorisce il fenomeno. La pioggia è normale, non mi devo preoccupare, foss’anche l’attribuzione di un significato metaspirituale che lo sragionare dei sensi mi porta ad attribuire. La pioggia è la pioggia, con tutte le conseguenze, le citazioni e i tempi verbali in atto: piove, sta piovendo, ha piovuto e pioverà, e se voglio aggiungo piovendo e piovente: in ciò il participio assomiglia a spiovente, proprio come i tetti delle case. Ma non sarà allora che le case sono a spiovente per la pioggia? Probabile, davvero probabile… ma io sto supponendo troppi problemi, troppe attribuzioni illogiche ad un fenomeno meteorologico e non metaspirituale. La pioggia è pioggia, e la devo accettare come tale! Dunque resterò fermo, seduto e immobile aspettando che termini e che esca il sole. E se non ci sarà il sole basterà che non piova più per poter uscire e asciugare le strade dall’acqua… Le strade saranno bagnate ormai, e io posso uscire solo dopo la fine della pioggia… resto immobile a guardare, guardare dalla finestra le gocce bagnare i vetri.

Questa pioggia non vuole finire, non vuole terminare! Io volevo uscire e adesso che la pioggia è più forte io non riesco a vedere le cose che vedevo prima, non si vede l’orizzonte davanti, e si sente un picchettare sordo sul tetto. È la pioggia che vuole entrare… sì è la pioggia che vuole entrare, ma perché vuole entrare? Perché cade incessante? …allora cerca me! Allora il suo significato metaspirituale è veritiero, e la pioggia è cattiva e funesta! La pioggia m’insegue, mi cerca, lo sento! Sta bussando ai vetri cercando proprio me, mi vuole prendere, mi vuole bagnare… Devo scappare, devo fuggire prima che mi prenda! Esco fuori, forse sarò al sicuro in un altro posto, esco fuori! Fuggo. Corro via. Vado lontano ed esco fuori, purché la pioggia non mi faccia del male… Mi fermo, forse è meglio, la pioggia mi ha sorpreso e adesso sono bagnato fradicio! Adesso sono sconfitto! Mi ha battuto e forse morirò. Solo allora potrò scoprire il suo significato, potrò capire se la pioggia è un’attribuzione metafisica o scientificamente comprovabile. Conoscerò tutto, saprò tutto di tutto e la pioggia sarà mia, e io sarò pioggia e cadrò quando vorrò o quando deciderà Dio di farmi cadere. Dunque mi denudo, tanto ormai sono destinato a diventare pioggia e con la pioggia sono destinato a diventare Dio… No ma che dico, più grande di Dio. Immenso. Sarò io a decidere quando è il momento di fare piovere e quando no. Sarò io, io solo!

Io dunque sarei la pioggia? Sarei un fenomeno atmosferico, una legge fisica, un evento che coinvolge il metaspirito?… Pioggiante, sì pioggiante il mio corpo e la mia mente s’adatta al pensiero del divenire Dio, del divenire pioggia. Pioggiante è la parola con la quale mi identifico con la pioggia, perché adesso mi posso identificare con la pioggia! Pioggiante è colui che cade e che risorge, che pulisce e che sporca, che va in alto per poi tornare a cadere: Dio.

Un momento… ma se Dio non esiste, allora nemmeno io esisterò! Allora sono destinato a svanire. Allora sto già svanendo e la fine di tutto si avvicina; la fine, il termine di trapasso! Ma che dico? …non sono sicuro! So solo che sta cadendo la pioggia e che continua a bagnarmi il corpo! Dunque non è vero che non posso uscire fuori, sono fuori, sono sotto la pioggia… ma cos’è la pioggia? E io chi sono? Cosa faccio, cosa penso? Pioggiante? Sono pioggiante? Sì forse sarà vero, sono pioggiante, colui che scende nel delirio d’essere pioggia. Colui che rovinosamente delira tutte le volte che cade la pioggia.

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Le ragioni di un blog

Sono diverse le ragioni per cui apro questo blog, la più importante di tutte è quella di considerarlo un luogo dove riporre appunti, note, racconti e disappunti... Un'esigenza non più evitabile quella di riunire materiale desueto ma anche nuovi spunti. Pertanto questo spazio online non è da considerarsi un vero blog ma un bric à brac di parole che si preservino nel tempo e che si mostrino a coloro che ne abbiano a cuore la lettura di ciò che negli anni ho accumulato dentro.

Appunti e disappunti è il titolo che scelgo per questo blog, un titolo di getto, poco pensato ma opportuno; e se la parola "appunti" trova facile comprensione, sono i "disappunti" a rendere arcano il significato profondo. Un disappunto che fa da contrasto, come il nero su fondo chiaro, ma anche come il negativo contrapposto al positivo. Una negazione appunto, la critica che oppongo spontanea a tutto ciò che mi circonda e che di tra le parole, inevitabilmente emerge in un grande disappunto...