venerdì 30 settembre 2011

Galleria Roma


L'arte ha bisogno o di solitudine, o di miseria, o di passione. È un fiore di roccia che richiede il vento aspro e il terreno rude.” Nelle parole di Alexandre Dumas si evince un’esperienza esistenziale tormentata, esperienza applicabile anche alla vita artistica delle nostre latitudini. In Sicilia e a Siracusa in particolare, è difficile fare arte, trovare spazio tra mille rinunce e troppi compromessi; per questa ragione l’intento dei soci della Nuova Galleria Roma è da considerare una missione nobile: diffondere il piacere dell’arte a tutti i livelli, svelando nel contempo i solitari creatori di opere e le giovani promesse… Così al 110 di via Maestranza, protetta dalle quattrocentesche volte di un’elegante palazzo di Ortigia, si apre lo scrigno della Galleria, accolti dall’entusiasmo del Direttore Artistico Corrado Brancato e da Amedeo Nicotra.

La galleria nacque dieci anni fa, prendendo il nome dalla precedente sede di via Roma dov’è iniziata l’esperienza di gruppo. In dieci anni, l’associazione è cresciuta come partecipazioni ed iniziative. Ad oggi oltre a contare una sessantina di aderenti, la Galleria consente a tutti i soci di esporre le loro opere allestendo vernissage con cadenza bisettimanale. Sicché tra inaugurazioni di artisti emergenti e collettive a tema, s’affiancano anche appuntamenti musicali, letterari e cineforum; un contenitore culturale che cresce e si arricchisce di diversità e passioni, che sfociano sovente nelle pubblicazioni di cataloghi e libricini con cui veicolare il messaggio di conoscenza e memoria. Le mostre migrano spesso verso altri ambienti espositivi, tramite eventi di più ampia risonanza: presso il vicino palazzo Impellizzeri, presso lo storico convento del Ritiro e persino nel centralissimo Palazzo del Governo.

La promozione delle attività è affidata alle molteplici collaborazioni con quotidiani locali e tramite internet. All’indirizzo www.galleriaroma.it si accede alle pagine web, ove oltre alle consuete informazioni, è possibile visionare il vasto archivio di biografie ed immagini di artisti più o meno noti al grande pubblico: uno spazio su cui ricercare nomi che a volte si fatica a trovare anche tra gli scaffali di una biblioteca. Inoltre grazie all’impegnativo lavoro di ricerca dei soci, si può attingere facilmente alle diverse fonti storiche su Siracusa: sui suoi monumenti, sulla sua storia e sul suo repertorio di bellezze. Con questi contenuti puntigliosamente aggiornati, è possibile informarsi anche sulle mostre inaugurate a Siracusa ed in Sicilia, pianificando magari un’improvvisata escursione culturale.

Così sorge immediata la domanda che ogni artista, appassionato o semplice cittadino potrebbe porsi leggendo queste righe: a quale destino andrebbero incontro i molti artisti aretusei se non fossero incoraggiati da un entourage di appassionati, costretti a subire l’offesa di istituzioni assenti o il reciso coraggio di emigrare altrove? Si conferma un terreno aspro il nostro, fecondato semmai dalla spinta individuale di un pennello o dal sentimento passionale per la parola…

domenica 25 settembre 2011

Gli egiziani

 
La civiltà egiziana sorta intorno al 3300 a.C. si sviluppò grazie all’influenza delle diverse dinastie di faraoni che ne caratterizzarono l’arte e la cultura. Essendo l’economia egiziana di sussistenza fortemente legata alle periodiche alluvioni del fiume Nilo, la costruzione dei calendari egiziani ne risulta fortemente legata proprio per permettere di individuare i periodi e organizzare così il lavoro. La ciclicità delle alluvioni infatti veniva conteggiata secondo il calcolo di 11 o 13 lunazioni, conteggio che mutò nel primo apparire annuo della stella Sirio (“Sopdet”). Con questo principio nacque il primo calendario egizio detto lunare di 354 giorni con mesi di 29 o 30 giorni. Successivamente, avendo riscontrato vistose discrepanze nelle osservazioni, venne introdotto un secondo calendario chiamato calendario civile composto da mesi di 30 giorni più 5 giorni aggiunti nel corso dell’anno, onde raggiungere il conteggio finale di 365 giorni. Ma anche questo calendario mostrava delle discrepanze così fu introdotto un ultimo calendario, molto più preciso, che presentava un ciclo di 25 anni cui si aggiungeva un mese intercalare nel 1°, 3°, 6°, 9°, 12°, 14°, 17°, 20°, e 23° anno di ogni ciclo. Questo calendario, proprio per la sua precisione, venne introdotto nel II sec. d.C. e utilizzato sino ai tempi di Copernico; esso aveva sempre una divisione in mesi di 30 giorni, a sua volta divisi in “settimane” di 10 giorni e in tre grandi stagioni chiamate: mesi dell’inondazione, mesi della germinazione e mesi del raccolto
 
Zodiaco di Dendera

Per il calcolo delle ore sin dal 3000 a.C. gli egiziani avevano in uso la divisione del tempo in dodici ore diurne e notturne: per le ore diurne scandivano agevolmente il tempo attraverso le meridiane, mentre per le ore notturne utilizzavano la posizione di 24 stelle di riferimento nel cielo. L’imprecisione del metodo determinava una scansione del tempo differente tra giorno e notte soprattutto in base alle stagioni (e dunque alle stelle di riferimento). Per ovviare a ciò e rendere il conteggio più accurato vennero introdotti successivamente i decani, ovvero 36 stelle che consentivano una determinazione più precisa delle ore notturne.

mercoledì 21 settembre 2011

Autoritratto con tavolozza – Vincent Van Gogh


3/5/2000
Nel senso stesso di come la follia lo ha dipinto, la fluttuante colorazione del suo stile pittorico trascende la forma; amarezza d’occhi spenti inquietano il trasporto di un’esperienza affine. 
Chissà, cos’hai nascosto in quel giallo…

domenica 18 settembre 2011

Barcellona


C’è una città che lega l’Italia alla Spagna seguendo il criterio della similitudine; Barcellona infatti la si può considerare simile a Milano, poiché entrambe si fregiano dell’appellativo di capitale economica e morale del proprio paese. Entrambe sono l’avanguardia di costumi e ed estetiche della nazione, laboratori universali d’idee e nuove mode. Ma Barcellona ha l’indubbio vantaggio dell’audacia, una disinvolta libertà di reinventare se stessa già dal cuore storico del tessuto urbano. Così dalle invenzioni oniriche di Antoni Gaudì, è germogliata la monumentale speranza della Sagrada Familia, la sinuosa bellezza della Pedrera e della Casa Batlló, o il fiabesco inviluppo di pietre e maioliche del Parc Güell: forme che rompono e dialogano con le convenzioni del passato, reinventando uno stile cui la città per anni ha fatto scuola. 
 
Sicché il mutamento di gusti e politica, nell’appiattimento dell’epoca franchista con cui s’è schiacciata ogni pretesa di identità ed innovazione, tarpando sul nascere ogni proposito culturale. Quindi all’alba di una nuova democrazia, Barcellona risorge espandendo il suo ego nella scommessa olimpica; dalla matita di famosi architetti sorgeranno nuovi quartieri, si costruiranno stadi ed edifici che rivalutano la vocazione futuribile della città. Rinasce una nuova identità marinara, un porto che ricuce l’antico e prezioso legame con l’acqua, la vocazione festosa della gioventù catalana che s’incontra al Maremagnum, per ballare e bere sangrilla, aspettando i colori dell’alba seduti su di una bitta. Così tra pub alla moda e passeggiate alla Rambla dove concedere con una monetina il sospirato gesto d’un mimo di strada, Barcellona mostra una vitalità sanguigna d’incontri tra universitari e impudenti viaggiatori, feste improvvisate e grandiosi concerti all’aperto. Ma c’è anche chi pretende una semplice passeggiata tra i negozi, una pausa commossa sotto gli archi gotici della Cattedrale di Sant’Eulalia, o magari la quiete per assaporare un espresso nella circospetta Plaça Reial… Così ci si accorge presto che il tempo pare non aver limiti, essendo in grado di consumare una giornata in mere facezie, o di far perdere le proprie tracce nell’orgia scombinata delle ore piccole: uno spirito duale tra frenesia e siesta, tra quiete e movimento, tra intellettualismo e superficialità.

Ma Barcellona è anche la città dei catalani, la fortezza d’un carattere orgoglioso che non vuol perdonare la secolare dipendenza madrilena. Per questa ragione nelle scuole si studia la lingua catalana, per rinfacciare un’identità che conservi il doppio idioma anche nei luoghi pubblici, oltre che a casa. Così anche nella malattia contagiosa del calcio, i catalani convergono il proprio supporto nazionalista sui due club della città: il Barcelona Futbol Club e il Reial Club Deportiu Espanyol, esultando negli stadi le gioie della propria passione. E forse è a causa di questo mix di distrazioni e sentimenti, a convincere gli italiani a prenotare un biglietto di sola andata, verso una città cui senti di appartenere in breve tempo.

mercoledì 14 settembre 2011

E li chiamano commercianti!


Quante volte vi è capitato di entrare in un negozio per provare un vestito, o magari vi siete seduti per bere qualcosa in un bar o in un pub? Spesso, suppongo. E quante volte vi siete sentiti trattati male come clienti? A me succede sempre, e per quanto ci abbia fatto l'abitudine non finisco mai di indignarmi...

Un esempio, vi sedete in un bar e i camerieri vi ignorano perché indaffarati, passano altri minuti e scocciati ne bloccate uno: "scusi dobbiamo ordinare". Passano altri dieci minuti e non arriva nessuno. Arriva finalmente il cameriere, ordinate, chiedete un gelato ma mancano certi gusti. Cambiate idea, ordinate dell'altro e vi mettere l'animo in pace. Passa un altro quarto d'ora, arriva l'ordinazione ma la qualità di ciò che avete preso è terrificante.

Ora invece passo a episodi successi a me... Entro in un'autoconcessionaria convinto di voler comprare un'auto, ma soprattutto convinto di prendere un certo modello di auto. Mi danno un opuscolo, chiedo il prezzo e la possibilità di permuta che loro non fanno. Chiedo uno sconto, nulla. Guardo i colori possibili dell'auto, ma nel frattempo arriva un amico del commesso, questi si alza e mi lascia da solo per parlare tranquillamente con l'amico. Passano 10 minuti e scocciato vado via. Chiamo la stessa concessionaria, ma a Catania, e ottengo uno sconticino, la permuta e la soddisfazione di sentirmi trattato da cliente.

Acquisto delle tende bianche per casa, il prezzo è buono. Do un anticipo, attendo due mesi (tanto puoi aspettare!) e finalmente vengono gli operai per montare le tende. Si vede da lontano che non avevano mai fatto questa operazione! Infatti si confondono nel montarle ma soprattutto, con le mani unte (e senza guanti) toccano le tende che si sporcano. Chiamo in ditta e chiedo se le tende si possono pulire e come, non lo sanno, devono chiedere dal fornitore. Attendo risposta e dopo un'ora chiamo io ma non avevano chiamato ancora nessuno. L'operaio termina il lavoro, fa cadere una tenda per terra così è costretto a portarla via. Chiedo ancora delucidazioni in ditta ma nulla. Dopo un mese di chiamate e richieste arriva un operaio con una spugnetta per pulire le tende, ma il problema si risolve parzialmente. Allora parlo col titolare e chiedo di avere la sostituzione delle stesse lamentandomi della loro scarsa professionalità. Risultato: non è più tornato nessuno e io ho risparmiato 1200 Euro, tenendomi le tende sporche.

L'elenco degli episodi potrebbe continuare: dai prezzi sempre più bassi nelle provincie vicine alla scarsa fornitura di merce, sino alla maleducazione diffusa, il disinteresse completo e la scarsa qualità dei prodotti. Ma da quando si sono aperti i vari centri commerciali quantomeno nell'ambito del commercio la situazione è migliorata perché hai a che fare con realtà più grandi, o magari con catene in franchising. Sicché i vecchi negozi in città, fermi alla certezza di essere gli unici detentori del privilegio di clienti fissi, chiudono. Ne chiudono tanti lamentando cali di vendite e pochi affari e un (reale) disinteresse dell'amministrazione comunale. Ma con gli esempi fin qui esposti e una quasi totalità di comportamenti simili la mia personale soddisfazione è quella che questa gente ha finalmente chiuso!! Fino a qualche anno fa infatti poche erano le alternative possibili e molti i commercianti che guadagnavano senza alcuna voglia di rinnovare i locali, di migliorare la qualità dei servizi o di servire bene il cliente. Oggi, in tempi di crisi, chi ieri sguazzava nella certezza ha chiuso. Mi spiace dirlo, ma in fondo ne sono felice.

domenica 11 settembre 2011

Cipressi – Vincent Van Gogh


3/5/2000
Denso d’un movimento fluido, la materia si fonde nell’indefinito fluire del mondo: forse il vento o la sostanza stessa impersonificata nei moti e nei battiti del tempo andato. Cipressi infuocati di clorofillìaci impulsi, oltre le plasmate contorsioni di nubi afose, o del riso pacato di un’imperfetta luna.

giovedì 8 settembre 2011

Le civiltà mesopotamiche


I primi segnali di una civiltà ben sviluppata nella regione dell'attuale Iraq, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, si hanno intorno al 2700 a.C. con gli insediamenti Sumeri, popolo che trovò il suo sviluppò politico e culturale sino al 2000 a.C. quando cadde sotto il dominio dei Babilonesi. Ma la storia dell'intera regione sarà poi dominata da altri popoli come gli Assiri ed i Caldei che arricchiranno ulteriormente le già vaste conoscenze astronomiche nella regione. La spinta allo studio dell'astronomia non proveniva solo dalla necessità di dotarsi di un buon calendario su cui fare riferimento (un problema importante per tutti i popoli antichi), ma dalla convinzione che i pianeti fossero gli “interpreti” del volere delle divinità sugli uomini; infatti erano gli stessi sovrani a richiedere le previsioni astrologiche agli astronomi di corte. Pur non avendo ancora a disposizione strumenti precisi intuirono il moto apparente dei pianeti basandosi sulla posizione di alcune stelle di riferimento nel cielo. Scoprirono anche i periodi sinodici di Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, inoltre applicando complesse formule matematiche, riuscivano a prevedere le eclissi di sole e di luna ritenuti eventi infausti. Introdussero anche gli almanacchi astronomici per predire la posizione nel cielo dei pianeti e il loro moto. Su altri testi si evincono inoltre due versioni nella previsione del moto del Sole e dei pianeti sviluppata dall'astronomo e matematico babilonese Kidinnu (400 a.C. – 330 a.C. circa); la prima definita “sistema A” che assume un certo valore alla velocità apparente del Sole lungo alcune parti l'eclittica e un valore minore per altre. Nel “sistema B” invece la velocità è considerata più realisticamente con una progressiva variazione nel tempo, da un picco massimo ad un minimo. Questo concetto di variazione della velocità del moto lungo l'eclittica dimostra quanto fosse avanzata a quel tempo l'astronomia, nei secoli successivi infatti il concetto di variazione della velocità orbitale della terra verrà “dimenticata” sino all'introduzione delle Leggi di Keplero nel 1600. Negli antichi testi Goal-Year si parla anche del ripetersi periodico delle posizioni di Sole, Terra e Luna, cioè che ogni 223 lunazioni (18,10 anni) le eclissi si ripetono con uguale frequenza, fenomeno che prende il nome di ciclo di Saros.

Tavoletta con calcoli matematici

Grazie alla loro grande abilità nei calcoli matematici (inventarono persino l'algebra), riuscirono a determinare la durata del mese sinodico della luna con errori di 30 secondi d'arco in 5000 lunazioni: un valore di grande precisione se rapportato agli strumenti dell'epoca. Ma non solo, osservando il diametro apparente della Luna nel corso delle varie orbite scoprirono che la misura variava fra i 29' 30" e i 34' 16", valori sorprendentemente precisi se confrontati a quelli attualmente misurati di 29' 30" e 32' 55".

La loro grande abilità nello studio del cielo li portò ad identificare la fascia dello zodiaco e dell'eclittica, l’eclittica a sua volta venne divisa in 360 parti introducendo l'attuale sistema sessagesimale per il calcolo dei gradi. Furono i primi a dividere il giorno in 24 ore, facendo iniziare il conteggio del giorno dalla sera e ogni mese dopo ogni novilunio, conteggiando il primo giorno dell'anno subito dopo il plenilunio di primavera. Il calendario era diviso in 12 mesi lunari di 29 e 30 giorni, diviso a sua volta in settimane. Tuttavia per quanto fossero abili nella previsione degli eventi astronomici il loro calendario mostrava vistose imperfezioni, necessitando periodiche correzioni tramite l'aggiunta di mesi epagomeni. La correzione avveniva quando, in base all'osservazione di alcune stelle di riferimento, gli astrologi riscontravano uno scostamento eccessivo rispetto la posizione reale dell'orbita terrestre. Ma dal 499 a.C., quando venne introdotto il ciclo di 19 anni con cui venivano aggiunti 7 mesi intercalari distribuiti nel tempo, il calendario abbandonò il sistema incerto dei mesi epagomeni per uno finalmente programmato.

Molte delle nostre conoscenze riguardo le civiltà mesopotamiche derivano dalle tavolette a caratteri cuneiformi ritrovate in svariati siti archeologici. In particolar modo nella tavola 63 dell'Enuma Anu Enlil vi è una lista di presagi a carattere astrologico, nel Mul.Apin, un antico catalogo del cielo risalente al 1400 a.C., sono contenute le previsioni di levata delle costellazioni e le relative stelle; infine nelle tavolette di Venere di Ammi Saduqa sono riportate le osservazioni del pianeta e il suo grado di visibilità per un periodo di 21 anni.

Cosmologia sumera
Assai interessante risulta essere anche la cosmologia sumerica riguardante l'origine del mondo. Secondo la leggenda esso nacque dal mare primordiale tramite la dea Nammu da cui fu generata anche la Montagna Cosmica che comprendeva An il Cielo e Ki (o Enki) la Terra. Questi due elementi erano dapprima uniti e solo dopo la generazione di Enlil, l'Aria, avvenne la separazione tra cielo e terra. L'universo così creato era immaginato come una sfera divisa in due emisferi, nell'emisfero superiore vi era il cielo e in quello inferiore gli inferi; i due emisferi erano separati da un disco di acqua dolce su cui galleggiava la Terra.

lunedì 5 settembre 2011

Bucarest


Quale sorte è toccata alla città che un tempo fregiava l’appellativo di “Parigi dell’est”? Cosa resta dei teatri, dei caffè, dei boulevard e degli edifici dai tetti d’ardesia? Un’eredità d’indigenti, uno squasso di pochi violenti in fuga dalla patria, uno sbriciolarsi di famiglie e strade... Resta solo la speranza d’una trasferta breve per l’Europa, dove con pochi Euro torni con scarpe e vestiti finalmente nuovi, ma col prezzo d’un mestiere di giornata e un passaporto di pregiudizi.

Bucarest è grigia, una città consunta da mille palazzoni in rovina, sovietizzata dai monumenti di Governo, dalle piazze senza turisti, da tram invecchiati, da una metropolitana in perenne ritardo, da negozi senza merce, da bar con poca gente e dai troppi locali pieni di puttane. Resta poco d’un passato di provincia Romana, del dominio ottomano o dei fasti della belle epoque, poiché Ceauşescu ha cancellato la memoria nella brutalità delle demolizioni urbane; poi la speranza democratica nella seduzione consumista dei grattacieli nell’apparenza di poter diventare una capitale senza troppe invidie. Ma l’Europa è lontana da qui, se non nei progetti di sviluppo col fregio della bandierina di dodici stelle: un’entità inseguita come un sogno riparatore, un ombrello d’opportunità che consenta l’abbandono d’un aratro per un trattore, d’una trazzera per una strada, d’una Dacia per una Mercedes…

Non è facile sognare a Bucarest quando si è costretti a saltare un pasto o a sperare nella lotteria di fine anno per vincere una TV; per noi questi sono problemi da terzo mondo, un terzo mondo che non consideriamo europeo perché conosciuto distrattamente dal racconto di una badante rumena. Per questa ragione ci si sente come conquistatori di terre, acquirenti d’un paese di balocchi facili, tra locali ed alberghi cinque di stelle a buon mercato. Ma quello è un mondo falsato, una Hollywood per stranieri in pieno vizio. La Bucarest dei rumeni la si scopre al “Club A”, dove si combatteva il comunismo con la protesta della musica, oppure percorrendo piaţa Universităţii (piazza Università) o la storica piaţa Revoluţiei (piazza della Rivoluzione) dove si animò per prima la rabbia anticomunista della capitale: qui oltre alle lapidi dell’89 si apprezza la dignità sobria del cittadino comune, l’eleganza di abiti da quattro soldi che contrastano con l’esuberanza di pochi arricchiti, gli odiati “ex” che nelle oscure spartizioni della finanza postcomunista hanno afferrato un vitalizio d’impunità. Così si guarda con sospetto il doppiopetto di un ministro che varca la soglia dell’edificio più grande del mondo dopo l’immenso complesso del Pentagono: il Palatul Parlamentului (Palazzo del Parlamento), vanto grottesco d’una trasformazione ignobile del passato col presente; per questa ragione nella comunanza latina d’una lingua troppo simile e d’un presente a noi familiare, i destini d’una costola di mondo che umanamente ci sconvolge, sembrano avvolgerci nell’angoscioso abbraccio d’un futuro incerto.

domenica 4 settembre 2011

Peschi in fiore, “Souvenir de Mauve” – Vincent Van Gogh




3/5/2000

Se sia la confusione stessa… il richiamo di mille grida fracassate al sole di sgargianti bagliori: rami d’un’indefinito albero nella parvenza di realtà effimere.

Se siano le nuvole, il cielo aperto o la selezione tonale delle ombre… questo confuso souvenir di luce, assurge a divenire l’essenza stessa della mia arte.